Chi sperava in un correttivo al Codice dei contratti entro la fine dell’anno deve ricredersi per il fatto stesso che non tale soluzione non è possibile perché non rispetterebbe la legge n. 11/2016 (legge delega) che all’articolo 1, commi 8 e 12, lettera b) stabilisce che il Governo ha tempo sino al 18 aprile 2017 per adottare uno o più decreti correttivi. Ma dal comma 3 dell’articolo 1 della citata legge delega si comprende come per i passaggi dal Consiglio di Stato, dalla Conferenza unificata e dalle competenti commissioni parlamentari, sia necessario un tempo tecnico che non può essere inferiore a due mesi e che, quindi, il decreto correttivo, per evitare possibili problemi, dovrà essere pronto, al massimo, entro la fine del mese di febbraio. Considerati gli strascichi del referendum e delle dimissioni del Governo Renzi, ed il fatto che le due commissioni parlamentari di Camera e Senato non hanno ancora terminato il ciclo di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione e sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, è presumibile che, ove tali audizioni siano completate entro la fine del 2016, restino al Governo (quale Governo?) soltanto due mesi di tempo (gennaio e febbraio) per varare un decreto correttivo che tenga conto delle audizioni stesse. D’altra parte le richieste di modifiche su un testo che sconta il peccato originale di essere stato predisposto in poco tempo sono veramente tante a partire dai 15 punti predisposti dalla filiera delle costruzioni, tavolo unitario nato sotto la spinta dell’Ance che riunisce costruttori, società di ingegneria artigiani e aziende dell’indotto edilizio con la Rete delle professioni tecniche (Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Chimici, Dottori Agronomi e Forestali, Geologi, Geometri, Ingegneri, Periti Agrari, Periti Industriali e Tecnologi Alimentari) che ha abbandonato il tavolo a causa di alcune proposte su cui è mancato l’accordo. L’atto di segnalazione al Governo ed al Parlamento, con cui l’ANAC ha già avanzato un elenco di richieste legato al meccanismo di nomina dei commissari di gara e le proposte di modifiche che stanno predisponendo le Regioni relativamente ad una maggiore semplificazione degli importi sotto la soglia di un milione per i lavori e di 209mila euro per le forniture, al Presidente delle commissioni giudicatrici che non dovrebbe essere esterno e non dovrebbe essere incompatibile con il ruolo di Rup, alla necessità di evitare l’indicazione della terna dei subappaltatori già in fase di partecipazione per un rapporto contrattuale futuro e non certo.C’è, poi, da capire quale sarà il ruolo della cabina di regia, di cui all’articolo 212 del nuovo Codice dei contratti, la cui composizione è stata già definita con D.P.C.M. 10/08/2016 e che ha il delicato compito, ai sensi dell’articolo 212, comma 1, lettera c) di esaminare le proposte di modifiche normative al fine di valutarne l’impatto sulla legislazione vigente, garantirne omogeneità e certezza giuridica. Non si conoscono, ancora oggi, i nomi dei componenti della Cabina di regia mentre da fonti di stampa sembra che l’1 dicembre scorso, a distanza di tre mese dal DPCM relativo all’istituzione della stessa, ci sia stata la prima riunione.