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Nuovo Codice Appalti e Ricorsi: il Consiglio di Stato sulla data di entrata in vigore del D.Lgs.n. 5


Con la pubblicazione del D. Lgs. n.50/2016 (c.d. Nuovo Codice Appalti) il legislatore si è fatto carico delle questioni relative al periodo transitorio scegliendo l’opzione della “ultrattività” che prevede l’applicazione delle nuove regole alle procedure bandite dopo la data di entrata in vigore del nuovo Codice e, quindi, dopo il 19 aprile 2016. Lo ha ricordato il Consiglio di Stato, con la sentenza 25 novembre 2016, n.4994,chiamato ad esprimersi in merito ad una procedura bandita prima della data di entrata in vigore del Nuovo Codice Appalti e per la quale è stato invocato il rito “superspeciale” previsto dall’art. 120, comma 6 bis del Codice di Procedura Amministrativa (C.P.A.), introdotto dall’art. 204 del D.Lgs. n. 50/2016.In particolare, ricordiamo che il termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, previsto dall’art. 120, comma 6 bis del C.P.A. per la proposizione dell’appello, nel testo modificato dall’art. 204 del D.Lgs. n. 50/2016, si riferisce alle sole impugnazioni delle sentenze del giudice di primo grado pronunciate nell’ambito del rito “superspeciale” introdotto dal citato art. 204. Ha chiarito la terza sezione che le regole procedurali dettagliate al comma 6-bis dell’art.120 del C.P.A. descrivono un rito accelerato per le impugnazioni delle ammissioni e delle esclusioni, nei casi meglio definiti al precedente comma 2-bis, ed esauriscono un sistema processuale chiuso e speciale, con la conseguenza che la previsione del termine breve (asseritamente inosservato) per la proposizione dell’appello si inserisce (anch’essa) nel predetto regime procedurale, nel senso che deve intendersi operativa solo al suo interno e, quindi, per la sola impugnazione di sentenze di primo grado pronunciate su ricorsi introdotti e definiti ai sensi del combinato disposto dei commi 2-bis e 6-bis dell’art.120 del C.P.A.. I giudici di Palazzo Spada hanno, però, ricordato che il rito “superspeciale” si applica al solo gravame proposto avverso i provvedimenti che determinano l’ammissione alla (e le esclusioni dalla) procedura di gara e non anche all’impugnazione dell’aggiudicazione della stessa.Ai sensi dell’art. 216, comma 1 del Nuovo Codice Appalti, le disposizioni introdotte dallo stesso d.lgs. n. 50 del 2016 si applicano solo alle procedure bandite dopo la data dell’entrata in vigore del nuovo Codice (quindi dopo il 19 aprile 2016), salvo il rinvio a disposizioni speciali e testuali di un diverso regime di transizione; a questa regola soggiace anche l’applicazione delle nuove regole processuali, introdotte dall’art. 204 che ha novellato l’art. 120 C.P.A.. La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che il comma 1 dell’art. 216, nel riferirsi al Nuovo Codice degli Appalti, ha inteso, evidentemente, comprendere entro il suo ambito applicativo tutte le disposizioni dello stesso Codice, con le uniche eccezioni di deroghe testuali ed espresse alla predetta regola transitoria (come chiarito dall’incipit dello stesso art. 216). A prescindere, infatti, dalla curiosità lessicale che il titolo del decreto legislativo non reca (più) la dizione di “Codice”, viceversa presente nella legge delega, resta evidente che l’espressione letterale utilizzata all’art. 216, comma 1, deve intendersi riferita a tutte le previsioni normative contenute nel provvedimento normativo nel quale la relativa previsione transitoria risulta inserita. Se, infatti, il legislatore avesse voluto escludere dall’ambito applicativo del regime transitorio le disposizioni processuali contenute nel decreto legislativo, lo avrebbe dovuto esplicitamente chiarire, come ha fatto per le previsioni riportate nei commi dell’art. 216 successivi al primo e come espressamente stabilito, quale criterio esegetico generale della disciplina transitoria, nella clausola di apertura del primo comma, con la conseguenza che, nel silenzio dell’art.216, comma 1, e in mancanza di diverse disposizioni specificamente riferite alle innovazioni del Codice del processo amministrativo, il carattere generale della formulazione della suddetta previsione impone di ritenerla estesa a tutte le norme del nuovo “Codice” non menzionate da disposizioni transitorie speciali. Con puntuali argomentazioni la sezione terza ha poi escluso che possa valere obiettare che la disciplina transitoria in questione debba intendersi limitata alle sole previsioni direttamente riferibili al “Codice dei contratti pubblici” e non anche alle norme inserite, con esso, nel Codice del processo amministrativo. Come già chiarito, il riferimento al “presente Codice” (seppur non immune dalle imprecisioni e dalle incertezze lessicali connesse al sorprendente, mancato utilizzo di quel termine nel titolo del provvedimento) dev’essere inteso come comprensivo di tutte le disposizioni contenute nel decreto legislativo n.50/2016, senza possibilità di una incerta cernita selettiva di quelle soggette alla disciplina transitoria, atteso che il lemma “Codice” risulta utilizzato sia nella legge delega, sia all’art.1 del decreto legislativo (rubricato “Oggetto e ambito di applicazione”), sicché il suo utilizzo nella norma dedicata a regolare la successione delle leggi nel tempo deve essere decifrato come significativo del provvedimento normativo nella sua interezza. Il Consiglio di Stato ha concluso che quand’anche permanessero dubbi esegetici sul regime temporale di applicazione delle nuove regole processuali esaminate, gli stessi dovrebbero essere risolti preferendo l’opzione ermeneutica meno sfavorevole per l’esercizio del diritto di difesa (e, quindi, maggiormente conforme ai principi costituzionali espressi dagli artt. 24 e 113). A fronte dell’introduzione di un gravoso (e, finora, inedito) onere processuale, quale quello relativo all’immediata impugnazione delle ammissioni alla gara (pacificamente escluso, prima dell’innovazione processuale in esame), dev’essere, infatti, rifiutata ogni lettura delle disposizioni sopravvenute che limiti o, addirittura, pregiudichi l’esercizio del diritto di difesa, come accadrebbe se si ammettesse l’operatività del nuovo rito anche con riferimento alle procedure bandite prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 (in ragione delle preclusioni espressamente collegate dalla nuova normativa all’omessa, tempestiva impugnazione delle ammissioni di altre imprese concorrenti).

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