Alleggerire i criteri per la qualificazione delle imprese e consentire la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) alle gare d’appalto suddividendo le gare in lotti e considerando che spesso le irregolarità dipendono dai ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione. È quanto emerso dalle audizioni di General Soa, UnionSoa e Associazioni rappresentanti degli artigiani, intervenute in Commissione Ambiente della Camera e Lavori Pubblici del Senato per chiedere modifiche al Codice Appalti (D.lgs. 50/2016). Il Codice Appalti ha fissato a cinque anni il periodo di riferimento da valutare per ottenere la qualificazione Soa. Secondo gli organismi abilitati al rilascio dell’attestazione, si tratta di un periodo troppo breve, che rischia di far risultare “non idonee” un gran numero di imprese. Per questo è stato proposto di tornare al vecchio periodo di riferimento di dieci anni. Se così non avvenisse, ha affermato GeneralSoa, si creerebbe uno squilibrio tra le imprese che hanno sottoscritto un contratto di qualificazione prima del 19 aprile 2016 (data di entrata in vigore del Codice Appalti) e quelle che hanno sottoscritto un contratto con le Soa a partire dal 20 aprile 2016. Le associazioni hanno chiesto di poter accedere alla Banca dati nazionale antimafia e di integrare le valutazioni alla luce del rating di impresa, che utilizza criteri reputazionali uniformi. Questo sistema integrato avrebbe bisogno di un periodo di sperimentazione per poi entrare a regime assicurando una qualificazione basata su elementi oggettivi. La Conferderazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna) ha sottolineato che le Stazioni Appaltanti non sono ancora pronte per le modifiche introdotte dal Codice Appalti e che spesso le piccole imprese restano escluse dalle gare. Per questo ha chiesto che la suddivisione degli appalti in lotti diventi sistematica e che i dipendenti pubblici ricevano una adeguata formazione in tal senso. Altrettanto indispensabile per evitare molti casi di esclusione, è la possibilità di non applicare le norme sulla regolarità fiscale e contributiva alle imprese che vantano crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione. Molto spesso, ha evidenziato Cna, le irregolarità sono “frutto del ritardato pagamento da parte della Pubblica Amministrazione”.