Una patente a punti per definire l’affidabilità delle imprese nel mercato degli appalti pubblici. È questo, in sintesi, il contenuto delle nuove linee guida dell’Anac, attuative del Codice Appalti,sul rating delle imprese. La possibilità di utilizzare criteri reputazionali per la qualificazione e selezione degli offerenti, si legge nelle linee guida, nasce dalla percezione di una generalizzata inadeguatezza del vigente sistema di qualificazione, che non riesce a garantire l’affidabilità dell’operatore economico e la qualità della prestazione finale. Per semplificare la valutazione, l’Anac propone un unico punteggio finale in grado di sintetizzare una serie di voci. Si può arrivare a questa cifra attraverso la somma ponderata di vari elementi costitutivi o con una “patente a punti” che, partendo da un punteggio iniziale, pari a 100, sottrae punti in presenza di valutazioni negative legate a sanzioni, illeciti, inadempimenti contrattuali, numero di ritardi o sforamento dei costi, casi di irregolarità del Durc. Secondo L’Anac il sistema della patente a punti è preferibile perché mette tutte le imprese sullo stesso piano e non penalizza i nuovi operatori che intendano entrare nel mercato degli appalti pubblici. L’Authority ritiene che il sistema di valutazione dovrebbe essere operativo per tutte le gare, a prescindere dall’importo, e per tutte le imprese, comprese quelle straniere che operano in Italia. Per avviare il meccanismo, però, si potrebbe prevedere un periodo sperimentale per le gare di lavori di importo superiore a 150mila euro, coinvolgendo anche le SOA. Questa non è la prima volta che si propone l’introduzione della patente a punti. Ricordiamo infatti che nel 2013 è stato proposto di affidare lavori e incarichi in base a un punteggio che fosse in grado di attestare la regolarità e l’adeguatezza dei requisiti tecnici e professionali. Il decreto che doveva regolare la patente a punti non è mai andato a buon fine e si è scontrato con i timori di ulteriori complicazioni burocratiche. L’unico sistema di patente a punti finora approvato è stato quello che attesta il rispetto delle regole in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il punteggio, raccomanda l’Anac, non deve essere influenzato dalle valutazioni discrezionali delle Stazioni Appaltanti. Ma non solo, perché gli indici quantitativi e qualitativi previsti per la valutazione nascondono una serie di insidie. La capacità strutturale dell’impresa potrebbe sbarrare la strada alle piccole imprese, mentre per il rispetto dei tempi e dei costi previsti si deve riuscire a distinguere tra gli sforamenti necessari e quelli che invece rivelano una condotta scorretta. Allo stesso modo bisogna fare una differenza tra le liti temerarie e i contenziosi sorti per motivi legittimi. Il Rating delle imprese, sottolinea inoltre l’Anac, è obbligatorio e non deve sovrapporsi con il Rating di legalità, che invece è volontario e limitato alle imprese italiane. Nonostante ciò il Rating di legalità può essere preso in considerazione per valutare l’affidabilità delle imprese, per cui è necessario un coordinamento attento.